Un
altro testimone, il generale Gabrio Lombardi, scrive: "Il comando
italiano, sedotto dalla portata spirituale di un possibile successo,
non valutò forse tutte le difficoltà".
Eppure, nonostante tutto ciò, gli italiani, l’8
dicembre del’43 "Si batterono a Monte Lungo con uno slancio
che fece a tutti grande impressione». Così il
generale Umberto Utili, che aggiungerà: "Si batterono, per
la verità, in funzione di cavie; ossia soli e non sostenuti,
lungo una spina di pesce che s’allungava verso il centro
dell’arena, e sotto gli sguardi di gente che
dall’anfiteatro circostante li osservava curiosamente colle
armi al piede. Si capisce che, se fu un onore, non fu un successo. Non
era colpa loro. D’altronde non è qui il caso
d’indagare come, a provocare il risultato, gli errori
politici si siano intrecciati con gli errori tecnici".
Il
12 dicembre la 6ª compagnia si mosse verso quota senza
indicazione di numero che si trovava a settentrione
di quota 253. Il suo compito era di accertarsi della
consistenza delle truppe nemiche.
La compagnia lasciatasi alle spalle pochi e stenti alberelli avanzava
con tutte le precauzioni in quanto disertori tedeschi avevano riferito
che nuclei di granatieri si trovavano appostati in caverna in
sommità. Il silenzio era assoluto, non v’erano
tracce di sorta che denunciassero un passaggio recente. Nulla. Gli
uomini della 6ª compagnia erano ormai giunti alla conclusione
che i tedeschi avessero abbandonato il campo allorché da una
cavernetta, seminascosta dal pietrame, furono lanciate alcune bombe a
mano seguite immediatamente da un nutrito fuoco di armi automatiche. I
fanti ebbero appena il tempo di buttarsi a terra, poi dalle loro armi
partì qualche tiro di risposta, una misura di contenimento
prima di sganciarsi dopo aver individuato le postazioni. In seguito
risultò disperso un giovane studente allievo ufficiale. Lo si cercò per
quattro giorni non fermando
le ricerche neppure a notte fonda. Alla fine venne trovato
in uno stato pietoso, infangato, stremato, ferito.
Aveva perso sangue in abbondanza, quando scorse i suoi commilitoni gli
si illuminarono gli occhi; riuscì a balbettare
una frase: "Siete degli
angeli".
Dal
giorno 9 molti morti s’erano aggiunti alla lunga lista dei
caduti di Monte Lungo.
Era destino che fino al giorno 16, data di inizio del secondo attacco
alla cima, questa lista si facesse interminabile. Quasi tutti giovani,
soldati entusiasti, dilaniati dalle schegge di una bomba a mano o
sorpresi da una raffica nemica.
Il giorno 14, alcune incursioni aeree di "Stukas" dimostrarono che i
tedeschi rimanevano vigili e che non si sarebbero lasciati sorprendere.
Quello stesso giorno 14 ci furono altri feriti e morti per le cause
più diverse; a sera si contarono sei decessi e
ventitré feriti.
Più tardi, una pattuglia di bersaglieri al comando del capitano Natale, si
scontrò nella zona est di Colle San Giacomo con un gruppo
esploratore tedesco. I nemici, vistosi sorpresi, ricorsero al solito
trucco. Due o tre di essi avanzarono con le mani alzate in segno di
resa mentre altri commilitoni si misero all’agguato, armi in
pugno, per abbattere gli italiani non appena questi si fossero fatti
avanti allo scoperto per prendere in consegna i prigionieri;
gli italiani però, reagirono energicamente, arrivando a
catturare quattro uomini.
Altra
tattica dei tedeschi: nascondere sotto i corpi dei caduti
una mina collegata a un filo legato al cadavere, appena
quest’ultimo veniva rimosso la mina scoppiava in tutta la
violenza, dilaniando il cadavere e con esso i soldati avversari che per
pietà e per ragioni di sicurezza avevano inteso dargli
sepoltura. Più volte nei pressi della strage,
verrà ritrovato un cartellino con queste insultanti parole: "I tedeschi si difendono anche
dopo morti".
Una cocciutaggine, quella
germanica, che i nostri del Primo Raggruppamento Motorizzato ritrovano
anche la mattina del 16 Dicembre.
Il giorno 16, infatti, la carta del Monte Lungo fu nuovamente
giocata. Tutto incominciò senza preparazione
d’artiglieria.
All’inizio l’azione viene concertata con i fanti
americani, vidi quest’ultimi balzare all’attacco
alle 6,15. Alle 9,15 si mossero gli italiani, dopo 45 minuti di
preparazione
da parte dell’artiglieria. Il primo a scattare in
avanti dai posti di combattimento, raggiunti di notte con estrema
precauzione a causa di una luna alta e spettrale, fu il 2°
battaglione.
L’itinerario
era il medesimo che altri italiani avevano percorso il giorno 8
dicembre.
Un’ora dopo l’attacco quella stessa 6ª
compagnia espugnava l’altura con l’appoggio dei
ragazzi della 5ª.
Invano i difensori avevano dato fondo a tutte le loro risorse
sparando con mortai, armi automatiche, cannoncini di piccolo calibro.
Poi l’azione si spostò su quota 343.
Qui, coi fianchi protetti da reparti di bersaglieri, i fanti del
67° conquistarono una dopo l’altra le posizioni
nemiche.
Anche qui atti di valore: l’Allievo Ufficiale Del Chicca
incurante del fuoco nemico si spinge in avanti con la sua squadra, un
colpo di mortaio gli scoppia vicino
dilaniandogli gli arti inferiori... cadde a terra e coi moncherini
sanguinanti... trova la forza di incitare i suoi compagni
all’attacco e facendo forza con le braccia si trascina su
fino ad incontrare un riparo, ben sapendo che la sua sorte è
ormai segnata, spara ancora, ma una raffica lo fa sobbalzare
più volte portandogli via l’ultimo soffio di vita
su quelle pietre arrossate dal suo sangue. Un suo commilitone Gaetano Mautone, era
stato freddato nell’attimo di balzare fuori dalla posizione
in cui era in agguato. I compagni lo avevano visto piombare in avanti,
raggomitolarsi su se stesso, come un animale ferito questione
di attimi, di pochi secondi..
Le truppe incalzano sempre di più ed alle 12,30 su quota 343 di
Monte Lungo le bandiere Italiana e Americana hanno cominciato a
sventolare unite, per la prima volta nella storia della
Seconda Guerra Mondiale.
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