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La mattina seguente altra partenza per Alfedena pittoresco paese in provincia di L’Aquila, che si estende alle falde dei monti della Meta. La cittadina, con circa 750 abitanti, prende il nome dall’antica Aufidena, un centro sannita divenuto poi municipio romano.
[Vedi immagine da satellite - link esterno Google]


Nell’antica necropoli non lontano dall’abitato sono state rinvenute più di 1400 tombe (VI-III sec. a. C.) conservate ora, in parte, nel museo civico. Di fronte al museo la chiesa dei SS. Pietro e Paolo che presenta il portale con falso profilo dell’originale costruzione di epoca duecentesca. 

Il paesino è posto su un cucuzzolo e la nostra batteria è posta a destra del paese sotto un boschetto. Alla destra e alla sinistra della batteria piazzo le nostre due mitragliatrici poste su treppiede lungo per difesa antiaerea. 

Ancora sulla destra della batteria ad una distanza di circa 200 metri c’è una batteria civetta inglese, posta sul piano. 
Mi spiego: per imbrogliare la visione aerea si pone quattro teli mimetici a maglia, alti circa tre metri dal suolo e sotto a questi si dispongono dei finti cannoni, in legno, in modo che il pilota dell’aereo è ingannato. 

Una sera verso le 17, mentre stavo andando a trovare una maestrina del luogo, ero a circa 150 metri dalla batteria sul piano, vedo due aerei tedeschi piombarmi addosso a 50 metri d’altezza sorvolando con una picchiata la mia batteria. 

Fanno un giro largo e poi giù ancora in picchiata, vedo le armi di bordo dell’aereo che vomitano fuoco sulla postazione civetta inglese mentre i bozzoli mi cadono tutt’attorno. I miei artiglieri presi alla sprovvista corrono verso le due mitragliatrici, ma grido a tutto fiato: "Non sparate... non sparate... stanno... mitragliando la postazione inglese". 

I due aerei fanno ancora un passaggio sopra la mia batteria, ma questa ben mimetizzata dal boschetto non è scorta e si allontanano indisturbati. 

Tiro un lungo sospiro, se avessimo sparato saremmo stati scoperti ed allora chissà quale carneficina sarebbe scaturita. 
Sono ospite ogni sera dalla maestrina e suo padre, fabbro, è un appassionato cacciatore... Aveva un catenaccio di fucile vecchio e dopo tante contrattazioni riesco ad acquistarlo. Ora occorrono le cartucce, trovo anche queste, ma mancano i pallini. 

Il buon fabbro, Vittorio, fonde del piombo e forgia tanti fili lunghi e sottili. Quando il tutto è raffreddato taglia i fili in tanti piccoli cilindri, mette il tutto in una bottiglia, con un pò di sabbia, fa ruotare il contenuto per almeno mezz’ora, al termine escono dei bei pallini calibro 7 ottimi per tordi, fagiani e lepri. 

Posso così dedicarmi allo svago della caccia nei momenti di pausa della guerra.