Giovane militare Gianni e Rodolfo Mitica Vespa: in gara Sempre avanti Birmania Radio Monte Grappa

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Dopo una decina di giorni dalla conquista di Monte Marrone gli avamposti degli alpini si accorgono che una pattuglia tedesca, mimetizzata, in abiti da neve, sta avanzando verso la vetta per vedere com’è la situazione, non sapendo della conquista della vetta da parte italiana. 

"Allarme! Tutti pronti, lasciate che i tedeschi si avvicinino", ad un tratto: "Fuoco a volontà". Precipitosa fuga del nemico e dopo la scaramuccia si constata che il nemico ha avuto alcune perdite dai segni lasciati sulla neve dei morti o feriti trascinati via dai compagni. 

Pasqua del 1944 e qui riporto ancora un brano di don Giovanni Bonomi
"Avevamo diviso il fronte in settori si da essere volta a volta, tutti i Cappellani presenti per il precetto pasquale. Aiuto vicendevole. Giovedì di Pasqua 1944 - giornata agitatissima per quelli della 6ª Batteria del 2° Gruppo dell’11° Regg. Artiglieria (la mia batteria). Il fronte era sempre fermo ed i tedeschi, che ormai avevano individuato le nostre postazioni, studiavano il momento opportuno e battevano sodo. 

Gli artiglieri della 6ª batteria ricordano molto quel giorno: "Padre si ricorda della Pasqua a Cerasuolo? L’ha scampata bella quella volta!" Avevo già celebrato due SS. Messe. La terza era preparata per la 6ª batteria, dietro un rialzo sotto la strada per Cardito, a fianco del paese di Cerasuolo. Avevo già confessato assai la sera precedente ed ora non mi rimanevano che pochi soldati. Alle 10,30 stavo sul posto. Da ogni parte, alla spicciolata, giungevano i bravi artiglieri. 

Confesso forse l’ultimo soldato quando un globo di fuoco, con fracasso assordante, ci passò a pochi metri dalla testa. Si abbatte giù nel burrone che sprizzò, come vulcano, pietre e terra con agghiacciante schianto di alberi e cose. Io mi trovai a terra, letteralmente orizzontale, le mani sul capo, le gambe divaricate. Il soldato che stavo confessando era scomparso. Altri quattro o cinque colpi seguirono immediatamente sullo stesso obbiettivo e poi silenzio. Mi alzai, ripresi calma e chiamai il penitente. Mi rispose da una buca ad una decina di metri. 

Come in un salto fosse giunto fin là né io né lui ve lo sapremo dire. In linea si acquista un’agilità, un’elasticità incredibile, direi prodigiosa. "Vieni a continuare la confessione", gli gridai. "Per carità, Padre, un’altra volta!" E non si mosse. 
Il fuoco però era cessato e li radunai per la S. Messa. Mi si strinsero tutti in circolo attorno all’altare; elmetto in testa, ben protetti ad ogni accenno d’allarme per scomparire nei rifugi. All’offertorio una salva nemica scosse la terra, sollevò un nuvolo di fumo e di terriccio, ci stordì con un lacerante boato. "Ai rifugi presto!". 

Sul posto rimanemmo solo io, il Tenente Moro e il mio attendente. I colpi si succedettero senza interruzioni; una granata scoppiò a pochi metri ed una scheggia, che ancora conservo, passò tra me e il Tenente Moro e si ficcò tra l’altarino e la cassetta di sostegno. Riuscii ad afferrare e salvare il Calice, il resto barcollò e si rovesciò. Riassettai alla meglio e volli continuare la Messa. Notai un tremito convulso dell’attendente, non riusciva più a rispondere. Io tentai di superarmi, di mostrare sangue freddo: malamente ci riuscivo, ero tutto un brivido; balbettavo, le parole mi si inceppavano in bocca, la lingua non si muoveva, ogni parola mi costava uno sforzo come se dovessi catapultarla con la testa. 

Il sangue martellava alle tempie, il cuore balzava furiosamente fino a scoppiare. In pochi minuti la S. Messa fu terminata. Iddio mi perdonerà la precipitazione e l’agitazione: era certo questione soltanto di nervi. I tedeschi intanto avevano allungato il tiro ed i soldati, rinfrancati, ad uno ad uno venivano per la S. Comunione. Ad ogni fischio si buttavano a terra mentre io, istintivamente, ritraevo la testa fra le spalle cercando di farmi piccino. Finita la funzione, disfatto l’altarino, ecco un gruppetto di quattro o cinque soldati, (chissà dove si erano andati a ficcare): "Padre, e a noi la Santa Comunione?" 

Non avevo più il Santissimo."Per oggi niente", risposi domani mattina ripasserò verso le 8 per andare a Rio Chiaro; "fatevi trovare sulla strada e vi darò la S. Comunione". Quando la mattina dopo scorsero da lontano la jeep si precipitarono sul ciglio e si inginocchiarono. Invece di quattro o cinque erano una quarantina. "Possiamo fare ancora la S. Comunione? Siamo stati buoni ieri". Avevo con me il Sacramento. Così, sulla strada, passando dall’uno all’altro, li comunicai tutti di nuovo. Quanta fede in quei buoni figlioli, quanta generosità!". 

Un giorno il mio capitano, stando dall’alto nella sua tenda, per telefono mi chiama: "Domani se vuoi puoi andare a Napoli, preparati che verso le nove passa una jeep con il capitano Grosso che va in città". Sono felice, i soldati mi danno varie commesse da effettuare a Napoli e pronto, vestito a festa, aspetto lungo la strada alle nove precise. Nove e mezza,... nove tre quarti,... dieci,... ma della jeep nemmeno l’ombra. Vedo che dalla tenda del capitano parte, Carlo Gervasini e mi consegna una tabella di cartone. Guardo... c’è il disegno di un pesce. "Ah... fiol d’un can de Salsilli... te me gà ciavà; un cuò xe el primo de april... e mi mona, ghe son cascà dentro come un pitocco..."

Tutti si mettono a ridere e guardando in alto vedo il capitano Salsilli che con il cannocchiale, guarda la scena e ride a crepapelle. Sempre mattacchione il Franco e questo dimostra il nostro spirito e quanto sia allegra e piena di trovate burlesche la batteria dei Fagotti.

La morale..., sia pure in un frangente di tragedia costante come la guerra, è essenziale che la voglia di vita predomini sempre.

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